I dati emergono da una ricerca di Buzzoole, martech company specializzata in tecnologie e servizi per l’IM, sull’utilizzo dell’Influencer Marketing in Italia
Le grandi aziende italiane sono sempre più consapevoli del ruolo strategico che può avere il coinvolgimento dei Creator nell’attuale contesto mediale.
È questa la sintesi della più estesa ricerca sulla domanda di Influencer Marketing, commissionata da Buzzoole, martech company specializzata in tecnologie e servizi per l’Influencer Marketing (IM), a Koniqa, società di consulenza per le strategie di contenuto.
Lo studio è basato su un campione di 301 decision maker di grandi aziende (>= 250 dipendenti) attive nelle quattordici industry più rappresentative del tessuto produttivo nazionale (Finance, GDO, Telco, Food & Beverage, Energia, Automotive, Travel, Grandi e piccoli elettrodomestici, Media & Entertainment, Health, Fashion, Beauty / Skin / Hair care, Gaming, Pharma).
L’approccio all’Influencer Marketing non è identico per tutte le organizzazioni. Si possono identificare almeno tre tipologie di aziende, che rappresentano anche tre stadi di un processo evolutivo: Young che pesano per il 46% del totale (ma in calo del 7% rispetto al 2019), Mature per il 26% (+2%) e Sophisticated per il 28% (+5%).
YOUNG sono quelle aziende ancora poco propense o titubanti nell’approccio all’Influencer Marketing. Tendono ad usare questa leva occasionalmente e tatticamente. Lo fanno delegando ad agenzie esterne la gestione delle campagne.
MATURE, invece, sono organizzazioni che hanno già sviluppato una confidenza verso le azioni di IM. In questo caso è il brand stesso che vuole prendere parte al processo di configurazione della campagna, seguendo i diversi passaggi e svolgendo spesso il compito di coordinatore, mentreowner della gestione del processo operativo rimane il Centro Media che è preposto anche alla gestione dell’allocazione del budget.
SOPHISTICATED sono le aziende che considerano l’Influencer Marketing una leva strategica di comunicazione, quindi pianificabile su una base almeno annuale. Spesso queste organizzazioni si dotano di un team interno e di software dedicati per la gestione delle attività.
La seconda parte del Report prosegue con un’analisi sull’evoluzione del ruolo dell’Influencer Marketing nelle diverse fasi del processo di acquisto. Se in precedenza le campagne venivano progettate prevalentemente per un obiettivo di awareness, cioè contribuire alla conoscenza e alla notorietà del brand, oggi emerge un approccio più articolato e strategico.
Il 22% dei decision maker intervistati ripone fiducia nel contributo dell’IM nella fase di awareness, il 36% in quella di appeal, il 17% in quella di ask e il 25% nella fase di act.
Rispetto alla rilevazione del 2019 cresce la fiducia nell’utilizzo degli influencer affinché il prodotto entri nella lista dei desideri dei consumatori (la cosiddetta fase di appeal cresce dell’8%) e contribuisca a generare conversioni in acquisto (la fase di act aumenta del 5%).
Chiamati ad identificare i motivi più importanti nella scelta degli influencer, i manager aziendali ne dichiarano diversi. Emerge, in prima battuta, l’esigenza di affidarsi a soggetti con una base follower reale e di qualità (65% delle preferenze). Seguono a breve distanza altri due requisiti: la capacità di saper valorizzare in modo creativo i messaggi del brand (64%) e la proattività nel suggerire nuove attività sui canali social (64%).
Tra i driver di scelta proposti è interessante la crescita, rispetto al 2019, della richiesta di micro influencer con una buona capacità di coinvolgere i propri follower (+8%).
Per far fronte ad una gestione sempre più sofisticata degli influencer nelle strategie di marketing, le aziende fanno ricorso alla tecnologia che consente di governare i processi e di semplificare le attività, risparmiando tempo e salvaguardando il brand da eventuali rischi di reputazione. Dall’indagine emerge infatti che quasi la totalità delle aziende, il 93% di chi ha fatto campagne di IM negli ultimi 12 mesi, si è servita di strumenti specifici per gestire i diversi stadi di attività, coprendo in media circa 3 fasi del processo di campagna.
Per quanto riguarda le prospettive future l’87% degli intervistati pensa di utilizzare l’Influencer Marketing nel corso dell’anno. A conferma di un utilizzo sempre più strategico di questa leva di marketing, emerge che il 39% intende pianificare due o più campagne di IM, il 15% un progetto continuativo di 6 mesi e il 15% un progetto di 12 mesi. Solo il 31% pensa ad una sola campagna.
Commentando i dati che sono emersi dalla ricerca, il CMO di Buzzoole, Vincenzo Cosenza ha dichiarato: “Ci troviamo di fronte ad uno scenario in evoluzione su più fronti contemporaneamente. Su quello delle aziende, dove si assiste ad una maturazione dell’approccio all’influencer marketing. Su quello degli influencer, cui è richiesto di influire anche nelle fasi finali del processo di acquisto. Sul fronte dei consumatori, sempre più attenti alla narrazione autentica dei valori aziendali veicolata dagli influencer. Buzzoole sta anticipando questa evoluzione, offrendo alle aziende le soluzioni tecnologiche e il supporto strategico e creativo più adatti a soddisfare le esigenze dei propri clienti. Al contempo, dando nuove opportunità di monetizzazione ai Creator più professionali”.
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